Nell’ambito delle attività produttive svolte da un’azienda – di qualsiasi genere e settore – i macchinari assolvono un ruolo di primo piano. Essi, infatti, sono deputati alla realizzazione di una parte o di tutte le fasi di produzione e per questo sono, di fatti, imprescindibili: senza le attrezzature adeguate è impensabile che un’azienda riesca a portare a termine il ciclo produttivo per il quale è specializzata. Naturalmente, cicli di produzione intensi e continuativi comportano un’usura costante dei macchinari e delle attrezzature (e, più in generale, dei ‘beni strumentali’ in dotazione all’azienda).
Anche in virtù di questa considerazione, l’ordinamento italiano prevede che il costo sostenuto per l’acquisto di un macchinario non venga registrato interamente nel bilancio d’esercizio relativo all’anno in cui il bene viene acquistato ma in più anni successivi, secondo una pratica contabile definita come ‘ammortamento‘.
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Perché calcolare l’ammortamento dei macchinari
Il calcolo dell’ammortamento dei macchinari deve essere effettuato per diverse ragioni. Anzitutto perché tale pratica è prevista dalle leggi in vigore (in particolare, viene disciplinata dall’articolo 2426 del Codice Civile); il secondo motivo è di natura economica, poiché l’ammortamento consente di dividere il costo di acquisto di un bene strumentale in più esercizi successivi, con notevoli vantaggi per la struttura del bilancio aziendale.
Il già citato articolo 2426 del Codice Civile rappresenta il principale riferimento normativo in materia di ammortamento; esso stabilisce anzitutto i criteri per effettuare le valutazioni che, nel caso di specie, sono da intendersi quale redazione del bilancio d’azienda. Nello specifico, il dispositivo prevede che le immobilizzazioni (ossia i beni acquistati dall’azienda che possono essere utilizzati per più di un esercizio) “sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto si computano anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi; le immobilizzazioni rappresentate da titoli sono rilevate in bilancio con il criterio del costo ammortizzato, ove applicabile“.
Per quanto riguarda gli investimenti il cui utilizzo è limitato nel tempo “deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione. Eventuali modifiche dei criteri di ammortamento e dei coefficienti applicati devono essere motivate nella nota integrativa“. Se il bene, alla chiusura dell’esercizio, risulta avere un valore inferiore rispetto a quello determinato inizialmente, deve essere iscritto a registro per tale valore ridotto.
In sostanza, la normativa impone all’azienda di registrare a bilancio la variazione (in genere un decremento) di valore di un bene destinato ad un utilizzo pluriennale in modo tale da riportare il nuovo valore dell’asset alla chiusura dell’esercizio.
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Come si effettua il calcolo
Prima di vedere in dettaglio come effettuare il calcolo dell’ammortamento dei beni strumentali, è necessario fare una premessa. I macchinari, le attrezzature e le strumentazioni assimilabili a questi ultimi fanno parte delle immobilizzazioni. Per tale ragione, vanno registrate all’interno dello stato patrimoniale attivo.
L’intera procedura va poi pianificata preliminarmente, attraverso la definizione di un piano di ammortamento che consenta una gestione sistematica dello stesso. L’ammortamento deve essere pianificato tenendo conto delle tre variabili principali: il costo storico (ossia il valore del bene che deve essere ammortizzato), il periodo di ‘vita utile‘ del bene (ovvero il periodo di utilizzo stimato del bene) e i criteri di ripartizione del valore ammortizzato.
Si prende in considerazione il costo storico perché rispetto a quello finale di vendita rappresenta un valore esatto e già noto; il periodo di utilizzo viene stimato ma raramente coincide con il lasso di tempo di uso effettivo del macchinario (il quale dipende da una serie di fattori difficili da tenere in conto in maniera scientifica); questi, infatti, è strettamente relato alle modalità di utilizzo ed all’usura del macchinario. Anche per questo motivo, si ricorre a due principi: la serescenza e l’obsolescenza. Il primo indica, in sostanza, la vita fisica di un bene privo di una significativa componente tecnologica (come ad esempio gli oggetti d’arredo).
Più complesso, di contro, il concetto di obsolescenza che riguarda tanto i macchinari quanto i beni prodotti; più specificamente, questo parametro tiene conto dell’adeguatezza tecnologica degli impianti e dell’output degli stessi (ovvero del risultato del processo produttivo). In altre parole, bisogna tener conto del fatto che il costante sviluppo tecnologico possa rendere obsoleto (ovvero meno sviluppato rispetto ai più recenti ritrovati della tecnica) tanto l’impianto di produzione quanto il prodotto stesso.
Per quanto concerne i criteri di ammortamento, ne esistono di tre tipi:
- ammortamento a quote crescenti;
- ammortamento a quote costanti;
- ammortamento a quote variabili.
Com’è facile intuire, ciascun criterio si basa su una differente quantificazione della quota da ammortizzare nell’ambito del singolo esercizio. Si parla di quote costanti, quando il valore storico del bene viene equamente diviso (ad esempio; il 25% all’anno per quattro anni) in un dato numero di esercizi successivi imponendo un’aliquota standard. L’ammortamento a quote decrescenti, invece, implica che il valore del bene è massimo in coincidenza del primo anno di acquisizione del bene e diminuirà nel corso di quelli successivi. In tal modo, si potrà, ad esempio, ammortizzare il 50% del valore storico nel primo esercizio, il 30 % nel secondo e il restante 20% nel terzo. L’ammortamento a quote variabili prevede un’aliquota non fissa, determinata di volta in volta in relazione ad una serie di fattori (come ad esempio la produttività annua o il regime di utilizzo del bene).
Va inoltre tenuto presente che, a seconda del tipo di bene, il Ministero delle Finanze stila una tabella dei coefficienti di ammortamento da applicare ai beni strumentali utilizzati dall’azienda.
Detto ciò, per effettuare il calcolo dell’ammortamento basta dividere il valore del bene (al quale bisogna però sottrarre il possibile costo di realizzo alla vendita e quelli di smantellamento) al netto dell’IVA per il numero di esercizi (che coincide grosso modo con la già citata ‘vita utile’ del bene).
L’ammortamento va fatto per i beni strumentali nuovi e usati, quindi anche per quelli acquistati all’asta online per mezzo di portali specializzati come Logic Bid. Questa modalità di acquisto consente spesso di comprare attrezzature provenienti da attività in dismissione e che per questo vengono proposti a prezzi competitivi. Chiunque abbia intenzione di prendere parte ad un’asta digitale tramite logicbid.com dovrà prima registrarsi, indicando anche il nome di un’azienda di riferimento – che comparirà in fattura in caso di aggiudicazione dell’asta – oltre a quello dell’utente che effettua la registrazione. La partecipazione alla gara d’asta può essere subordinata al versamento di una caparra e prevede specifiche condizioni. Una volta presa visione di queste ultime, l’utente può formalizzare la propria offerta; se è andata a buon fine, riceverà una mail di conferma all’indirizzo indicato in fase di registrazione; in caso contrario è probabile che l’importo sia stato digitato in maniera erronea o sia inferiore al prezzo di riserva.