Valore marchio, ecco quali sono i criteri di valutazione
Un’azienda, a prescindere dal tipo di attività che svolge, può detenere il possesso di uno o più marchi. Le dinamiche di mercato possono rendere necessaria una valutazione specialistica del valore di uno o più marchi di proprietà di un’azienda; si tratta di una procedura complessa, che deve essere effettuata tenendo anzitutto in conto le normative di riferimento che regolamentano la registrazione e i diritti esercitabili sul marchio. Vediamo di seguito cos’è un marchio aziendale e come si procede a valutarne il valore.
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Cosa si intende per marchio aziendale
La versione online dell’Enciclopedia Treccani definisce il marchio come “segno distintivo, protetto da titolo di proprietà industriale, finalizzato a contraddistinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre“.
La disciplina relativa ai marchi (ed al loro utilizzo) risale al Regio Decreto n. 929 del 21 giugno 1942. L’articolo 16 elenca tutti gli elementi che possono essere registrati come un marchio d’impresa: “tutti i nuovi segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche” a patto che siano in grado di distinguersi dai prodotti e dai servizi offerti da un’altra impresa. Cruciale, in tal senso, l’elemento di “novità” del segno registrato come marchio; esso diviene la discriminante necessaria alla registrazione dello stesso. Per questo, l’articolo 17 del Decreto individua tutti i segni che “non sono nuovi […] alla data del deposito della domanda“:
- segni di uno comune nel linguaggio o di uso costante nel commercio;
- segni identici o simili a marchi già utilizzati da altre imprese;
- segni identici o simili ad altri già noti come ditta, denominazione o ragione sociale;
- segni identici ad un marchio già registrato nello Stato da un altro soggetto, in data precedente alla presentazione della domanda.
In generale, il Decreto vieta la registrazione di marchi che possano generare confusione nel pubblico (rispetto ad un marchio già esistente) oppure procurare al detentore dei diritti del marchio un vantaggio indebito nei confronti di soggetti concorrenti; in altre parole, individua i casi in cui la registrazione di un marchio rappresenterebbe un atto di concorrenza sleale, in maniera simile a come vengono definiti dal Codice Civile. Il Decreto legislativo, 10/02/2005 n° 30 (anche detto “Codice della Proprietà Industriale”) “Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni privi di carattere distintivo e in particolare
Come già accennato, il marchio aziendale è protetto da proprietà industriale; questo concetto viene definito dall’articolo 1 del Decreto legislativo, 10/02/2005 n° 30 (anche detto “Codice della Proprietà Industriale“): “marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, segreti commerciali e nuove varietà vegetali“. I diritti derivanti dalla proprietà industriale possono essere acquisiti mediante registrazione o brevettazione.
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Come si calcola il valore
Il valore di un marchio aziendale viene determinato seguendo una procedura specifica, che si sviluppa in tre fasi successive. La prima consiste in un esame preliminare che serve ad accertare la sussistenza di un valore autonomo del marchio; quest’ultimo esiste solo in presenza di determinate condizioni:
- il marchio deve possedere tutte le prerogative per la registrazione;
- il monopolio sul marchio deve appartenere esclusivamente all’azienda che detiene il segno e non deve essere in conflitto con l’indirizzo di terze parti;
- il marchio può essere valutato se al centro di consistenti investimenti di promozione pubblicitaria (in altre parole, un marchio sconosciuto e mai promosso non può essere oggetto di alcuna valutazione).
Una volta esaurita questa fase preliminare, il processo di valutazione passa attraverso una procedura di due diligence. Da un lato, sono previste verifiche sul portafoglio marchi: gli incaricati devono controllare se si tratta di un marchio depositato o registrato. La differenza tra le due nozioni è molto sottile: un marchio si dice depositato quando viene presentata la domanda di marchio italiano presso una Camera di Commercio (o l’Ufficio Marchi e Brevetti); il richiedente ottiene un codice relativo a tutte le informazioni riguardanti il marchio. Quest’ultimo viene registrato in un secondo momento, quando gli accertamenti del caso dimostrano che le formalità burocratiche sono state espletate correttamente e il marchio possiede tutti i requisiti per l’idoneità alla registrazione. Il passaggio dal deposito alla registrazione può durare circa 18 mesi.
La seconda parte della due diligence è rivolta all’individuazione di marchi simili già depositati, registrati o presenti sul territorio nazionale; in aggiunta, le verifiche mirano ad individuare eventuale procedure di opposizione al marchio.
L’ultimo passaggio precedente la formulazione del valore del marchio è la scelta del metodo di valutazione. Questa è la fase più delicata, poiché manca un sistema di riferimento univoco ed universalmente riconosciuto come valido. I fattori che possono essere assunti come discriminanti di valutazione sono: le evidenze empiriche, i flussi finanziari o la stima economico-reddituale. Al netto del parametro (o dei parametri) prescelti, chi effettua l’esame e la stima del marchio aziendale deve parametrare i riscontri sulla base di un sistema di valutazione chiaramente leggibile, in forma sintetica o analitica, da parte di chi ha commissionato i controlli.
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Cosa si intende per costo storico
Nel caso di un marchio acquistato da un precedente detentore, la stima del valore deve tener conto anche del cosiddetto “costo storico“. Si tratta, in sintesi, della spesa sostenuta inizialmente per l’acquisto del marchio, alla quale bisogna aggiungere costi accessori contestuali. La nozione di costo storico si applica principalmente ai beni immobili, specie se di carattere strumentale, ed è importante per le procedure di ammortamento a bilancio del bene stesso.
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Chi effettua la perizia del marchio
La stima del valore di un marchio aziendale è una perizia tecnica che è consigliabile commissionare a figure specializzate. Nello specifico, questo genere di servizi può essere richiesto a studi di consulenza specialistica in diritto commerciale e proprietà industriale. La complessità della materia, infatti, impone la collaborazione con esperti del settore: il Codice della Proprietà Industriale individua i requisiti necessari per l’iscrizione all’albo dell’ordine dei consulenti in proprietà industriale.
“L’abilitazione” – si legge nell’articolo 207 del Codice – “è concessa previo superamento di un esame sostenuto davanti ad una commissione”; è possibile essere ammessi all’esame di abilitazione se si è in possesso di un diploma di laurea, di un attestato di studi post-secondari di almeno tre anni oppure di un certificato che attesti lo svolgimento di un tirocinio professionale. Il ricorso alla consulenza specialistica si rende ancor più necessario se la perizia si inserisce nel più ampio quadro di una due diligence per fusione o acquisizione dell’azienda che detiene il marchio, in quanto quest’ultimo fa parte degli asset del target dell’acquisizione e il suo valore può orientare le strategia di contrattazione.