Quali sono le differenze tra azienda individuale e libero professionista.
Il mondo dell’imprenditoria è composto da figure e soggetti di vario tipo e di varia natura, sia dal punto di visto giuridico sia per quanto riguarda la fiscalità. Tra questi vi sono l’azienda individuale e il libero professionista: per via del carattere di singolarità che caratterizza entrambi, spesso si tende a confonderli, benché sussistano specifiche differenze di ordine giuridico e previdenziale. Vediamo di seguito quali sono le caratteristiche distintive, da vari punti di vista, che appartengono ai due soggetti.
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Quali sono le differenze giuridiche
Nell’ordinamento italiano non si riscontra una definizione esatta di “impresa individuale” né tantomento di “libero professionista”. I due soggetti, però, sono inquadrati in maniera indiretta all’interno dell’ordinamento giuridico in vigore.
Dal punto di vista giuridico, l’impresa individuale è la forma più semplice di attività d’impresa: per tanto, è necessario che un imprenditore effettui le procedure previste dalla legge per la costituzione di un’attività imprenditoriale (registrazione alla Camera di Commercio e apertura della relativa partita IVA). Una volta costituita l’impresa individuale, essa gode dello statuto di persona giuridica. Il carattere individuale è legato al fatto che l’attività non prevede l’assunzione di dipendenti o collaboratori; in aggiunta, non sono presenti soci, ad alcun titolo, né quote societarie da dividere.
Per quanto riguarda il libero professionista, invece, si fa riferimento all'”esercizio delle professioni intellettuali“, regolamentate dall’articolo 2229 del Codice Civile. Per questo tipo di professioni, è necessario iscriversi ad un albo professionale; il c.c. stabilisce inoltre che “l’accertamento dei requisiti per l’iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati, sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente“. Le professioni intellettuali sono quelle sottratte ai contratti collettivi, in base a quanto stabilito dall’articolo 2068 del Codice Civile perché esse “concernenti prestazioni di carattere personale o domestico” (comma 2).
In sintesi, la differenza giuridica che separa un imprenditore titolare di un’azienda individuale e un libero professionista è la natura dell’attività. Il secondo svolge una professione prevalentemente intellettuale (o altamente specialistica) mentre il primo è impegnato per lo più in settori di natura commerciale o artigianale.
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Libero professionista che fa
Il libero professionista è una figura che svolge una determinata attività, di carattere economico, a favore di un soggetto terzo; la prestazione offerta dal libero professionista (detta “libera professione“) è di natura intellettuale. Tra le figure che più spesso forniscono prestazioni professionali da libero professionista ci sono, ad esempio, i consulenti o i giornalisti e qualsiasi altra professione che si può esercitare da “freelance” (anche i medici che svolgono l’attività in strutture diverse da quelle pubbliche possono essere annoverati tra i liberi professi). Le cosiddette “professioni intellettuali” sono individuate dalla legge, che determina quali necessitano dell’iscrizione ad appositi albi o elenchi, con le relative eccezioni.
In sostanza, il libero professionista svolge la propria attività, dietro compenso, in forma autonoma e può farlo anche se è lavoratore dipendente presso una struttura pubblica (come ad esempio i medici che lavorano nel settore pubblico e, contemporaneamente, ricevono i pazienti in forma privata). A rendere caratteristica la libera professione è la connotazione “intellettuale” dell’attività svolta o delle prestazioni erogate.
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Cos’è una ditta individuale
L’articolo 2555 del Codice Civile definisce l’azienda come un “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa“. La ditta, invece, è il nome commerciale dell’impresa e “comunque sia formata, deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore“, fatta eccezione per le disposizioni in materia di trasferimento della ditta. L’uso esclusivo della ditta è appannaggio dell’imprenditore, ossia “chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi“, secondo le disposizioni contenute nell’articolo 2082 del Codice Civile. Egli è anche il capo dell’impresa e “ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa“.
Per tanto, un’impresa individuale è quell’attività imprenditoriale nella quale l’intero processo produttivo o l’erogazione del servizio fornito sono implementati da un singolo soggetto (per comodità, spesso viene erroneamente identificata come ditta). Egli non deve far fronte a nessun adempimento particolare per la registrazione, se non l’iscrizione alla Camera di Commercio che ha la competenza territoriale e l’apertura di una partita IVA. Di contro, deve farsi carico per intero del rischio d’impresa. Quindi, in estrema sintesi, una ditta individuale è un’attività d’impresa – di qualsiasi genere – svolta da una persona sola; la procedura di istituzione dell’impresa è quella stabilita dal comma 1 dell’articolo 9 della Legge 40/2007 (meglio nota come “Bersani-bis”): “ai fini dell’avvio dell’attività d’impresa, l’interessato presenta all’ufficio del registro delle imprese, per via telematica o su supporto informatico, la comunicazione unica per gli adempimenti di cui al presente articolo“.
Anche le imprese individuali possono utilizzare attrezzature, equipaggiamenti specifici ed altri beni strumentali che possono essere acquistati tramite vari canali, inclusi i portali specializzati che allestiscono aste online come ad esempio Logic Bid.
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Differenze previdenziali
Oltre alle differenze esistenti a livello giuridico, tra il libero professionista e l’impresa individuale sussiste una netta divisione anche dal punto di vista fiscale. I due soggetti, infatti, sono tassati secondo due parametri leggermente differenti:
- per i liberi professionisti, fa fede il “principio di cassa“; in altre parole, la pressione fiscale viene esercitata solo sugli importi effettivamente incassati durante un certo periodo d’imposta. Vengono tassati i redditi imponibili, il cui ammontare viene determinato dalla differenza dalle somme incassate e i costi deducibili; un libero professionista può optare per il regime fiscale che meglio si adatta al proprio volume d’affari. Nel regime forfettario la base imponibile è determinata dal tasso di redditività dell’attività; il regime fiscale agevolato per l’avviamento della professione prevede una tassazione del 5% per i primi cinque anni e del 15% per gli anni successivi;
- le imprese individuali, invece, sono tassate sulla base del “principio di competenza” che funziona in maniera leggermente diversa rispetto a quello “di cassa”. In tal caso, infatti, la tassazione viene esatta in riferimento al reddito imponibile annuo (IRPEF), calcolato tenendo conto di tutti gli episodi economici che si sono manifestati nel corso di un singolo esercizio, senza tenere in conto del fatto che i ricavi o crediti siano stati effettivamente incassati. Le somme deducibili non incassate possono essere comunque dedotte, se rientrano tra le voci deducibili. Anche le imprese individuali possono scegliere di aderire al regime forfettario.
In sostanza, la differenza che passa tra una ditta individuale e un libero professionista è la modalità di calcolo della base imponibile per i due soggetti: per il primo contano gli incassi effettivi, per il secondo sono presi a riferimento le voci iscritte in un dato bilancio d’esercizio, anche se verranno incassate in un momento diverso.